Ho sempre pensato che le persone afrodiscendenti dovessero prendere possesso della propria narrazione, tramite il linguaggio, la decostruzione di alcuni concetti e tramite la rappresentanza all’interno di spazi spesso a noi preclusi o all’interno dei quali è difficile entrare. Per questo quando è capitata questa opportunità, ho deciso di accogliere e rispondere alla call AFAR senza indugi: leggendo il bando ho immaginato la creazione di uno spazio sicuro, fatto da persone con competenze variegate e non vedevo l’ora di farne parte. Inoltre l’ho vista come un’importante esperienza formativa e io ho da sempre fame di imparare.
Credo fermamente nel fatto che siano proprio lƏ afrodiscendentƏ a dover essere protagonistƏ della lotta al razzismo anti nero e che siano loro a doverla condurre, partendo dalle loro competenze specifiche, facendo sì che ad esse venga riconosciuto un valore, confrontandosi e soprattutto compiendo azioni concrete. L’ipotesi di potermi inserire in un gruppo di questo tipo mi ha emozionata. Mi sono occupata anche in passato di questa tematica ma sempre in contesti a maggioranza bianca: questo percorso ha rappresentato per me un cambiamento importante nel modo di concepire il contrasto al razzismo.
Ho inconsciamente risposto anche ad un mio bisogno emotivo, di cui mi sono resa conto solo successivamente. Nella vita non ho mai frequentato contesti a maggioranza nera, conoscevo pochƏ afrodiscendentƏ e mi rendo conto ora che invece rispondere a quella call ha fatto sì che io cominciassi a riempire un vuoto che prima nemmeno percepivo.
È un passo fatto nella direzione giusta di cui sono tutt’ora felice.